Francesco Coniglione
Realtà e astrazione
Scuola polacca ed epistemologia post-positivista
Indice del volume
Prefazione alla seconda edizione
Prefazione alla Prima edizione
1. La Scuola di Leopoli-Varsavia e la tradizione filosofica polacca
1.1 La filosofia polacca tra ’800 e ’900
1.2 Kazimierz Twardowski e la nascita della filosofia scientifica in Polonia
1.3 Creatività e scienza in Jan Łukasiewicz
1.4 Tadeusz Czeżowski e la descrizione analitica
1.5 Il convenzionalismo radicale di Kazimierz Ajdukiewicz
1.6 Il reismo di Tadeusz Kotarbiński
1.7 Il significato complessivo della Scuola
1.8 Altre figure notevoli e altre correnti filosofiche
2. La tradizione marxista in Polonia
tra scienza e dogmatismo
2.1 Origini e caratteri del marxismo polacco
2.1.1 Il marxismo non istituzionalizzato (fino alla II guerra mondiale)
2.1.2 Il marxismo come dottrina ufficiale
2.2 La critica della scuola di Leopoli-Varsavia
2.2.1 Twardowski oscurantista e fideista
2.2.2 Il materialismo “dimezzato” di Kotarbiński
2.2.3 La semantica idealista come arma della borghesia
2.2.4 Il senso di una disputa
2.3 L’incontro tra marxismo e tradizione analitica
3. Alle origini della Scuola di Poznań
3.1 Genesi e principali componenti della Scuola di Poznań
3.2 Naturalismo antipositivista e teoria dell’azione razionale
3.2.1 Popperismo, positivismo e antipositivismo
3.2.2 Antinaturalismo e strutturalismo metodologico
3.2.3 Teoria dell’azione razionale ed interpretazione umanistica
3.2.4 La teoria del legislatore razionale
4. La scienza come idealizzazione
4.1 La ricostruzione della metodologia marxiana
4.1.1 Il marxismo da ideologia a scienza
4.1.2 Strutturalismo, olismo e spiegazione genetico-funzionale nel Capitale
4.1.3 Il metodo “modellizzante” di Marx
4.2 La fondazione di una nuova epistemologia: la scienza come idealizzazione
4.2.1 Lineamenti generali
4.2.2 La struttura logico-sistematica di base
5. Una epistemologia post-positivista
5.1 Idealizzazione ed epistemologia contemporanea
5.2 Modelli ed idealizzazione
5.3 Essenzialismo e realismo
5.4 Verità e periodi della scienza
5.5 Corrispondenza e progresso nella scienza
Conclusioni
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
ELENCO COMPLETO DEGLI SCRITTI DI LESZEK NOWAK
(A cura di Giacomo Borbone)
Indice dei nomi
La prefazione alla seconda edizione
Le ragioni che stanno alla base della mia decisione di ripubblicare quest’opera a vent’anni dalla sua prima edizione si possono riassumere nella convinzione che essa possa ancora rivestire una sua utilità, non solo perché avrebbe il pregio di offrire nuovamente al lettore uno spaccato di una vicenda culturale ai piú tuttora poco nota e per il fatto che la precedente edizione era da lungo tempo esaurita, essendo stata pubblicata in un numero limitato di copie ed in maniera pionieristica con un piccolo editore, oltre che con una distribuzione assai imperfetta.
Piuttosto, l’utilità di una sua riedizione deriva dalla constatazione che sempre piú ricorrenti sono negli ultimi anni le impostazioni che in filosofia della scienza sembrano essere del tutto in sintonia con le posizioni teoriche che sono state tipiche dei metodologi che si sono riuniti intorno alla cosiddetta «scuola di Poznań», che costituisce l’oggetto principale di studio di questo volume; e uso il passato perché oggi ben poco è rimasto di quel gruppo organizzato e coeso intorno ad un programma scientifico saldamente e chiaramente definito. Viene sempre più sottolineato, infatti, il carattere modellistico delle teorie scientifiche e la loro natura idealizzazionale, anche se piú spesso viene impropriamente utilizzato il concetto di «astrazione», la cui differenza da quello di idealizzazione ho indicato, oltre che in questo volume, anche in altri articoli e scritti (si veda ad es. «Between Abstraction and Idealization: Scientific Practice and Philosophical Awareness», in F. Coniglione, R. Poli & R. Rollinger, Eds., Idealization XI: Historical Studies on Abstraction, Rodopi, Atlanta-Amsterdam 2004, pp. 59-110). In tal modo ci si richiama di fatto (non so fino a che punto in modo inconsapevole o invece per conscia ma sottaciuta ispirazione) a molti dei concetti sviluppati dai teorici della scuola polacca, senza tuttavia che a questa venga dato il giusto riconoscimento, come ad es. accade nei pur pregevoli lavori di Mauro Dorato, Il software dell’universo. Saggio sulle leggi di natura (Bruno Mondadori, Milano 2000) e Cosa c’entra l’anima con gli atomi? Introduzione alla filosofia della scienza (Laterza, Roma-Bari 2007), nei quali si propone una concezione della scienza del tutto in linea con quanto proposto dalla concezione idealizzazionale senza tuttavia menzionarne affatto il contributo. O, per portare un altro esempio, è possibile scrivere nel Blackwell Companion to the Philosophy of Science, curato da W.H. Newton-Smith (Blackwell, Oxford 2000), due paginette sulla voce «Idealization» ignorando del tutto le centinaia di articoli prodotti dalla scuola di Poznań e contenuti in book-series e riviste, ormai disponibili in inglese (e non nell’inaccessibile polacco, come in gran parte ancora avveniva all’epoca in cui ho scritto questo volume). Ma in quest’ultimo caso possiamo farcene una ragione: la cultura americana non conosce come valido e degno di esser notato e discusso null’altro che non sia prodotto nei dipartimenti delle università di quel paese.
E pur tuttavia sempre piú numerosi sono i riferimenti nella letteratura epistemologica contemporanea all’idealizzazione, all’importanza dei modelli, al carattere necessariamente limitato ad un dominio di applicazione delle teorie, al principio di corrispondenza, e così via. L’interesse già da me evidenziato nel corso del volume e risalente agli anni precedenti il 1990, si è ulteriorrmente diffuso, sino al punto da venire organizzati nel 2007 un workshop e un congresso dedicati proprio a tali argomenti (Idealizations in Science, 10 October 2007, a cura di S. Hartmann e M. Weisberg – http://www.tilburguniversity.nl/faculties/humanities/tilps/idealizations/ – e Models and Simulations 2, 11-13 October 2007, organizzato da R. Frigg, S. Hartmann e C. Imbert, http://www.tilburguniversity.nl/faculties/humanities/tilps/MS2/ – entrambi alla Tiburg University); e ancor piú recentemente, l’1-2 luglio 2008 a Mexico City è stato organizzato da Xavier De Donato (della Metropolitan Autonomous University) un international workshop su “Idealization, Abstraction, and Scientific Models”, dove v’è stata la presenza sempre di Weisberg, ed inoltre di Roy Sorensen e Ronald Giere. E quest’ultimo, a sua volta, non ha mancato di proporre nel suo Science Without Laws (Univ. of Chicago Press, Chicago and London 1999) un naturalismo al cui centro v’è il concetto fondamentale di «modello teorico» o «modello cognitivo idealizzato», inteso come oggetto astratto, entità immaginaria «la cui struttura potrebbe essere o non essere simile ad aspetti degli oggetti e processi del mondo reale» (p. 5). Il tutto senza ovviamente prendere minimamente in considerazione le decine di studiosi e di lavori che di tale argomento si sono occupati nell’ambito e sulla scia delle elaborazioni sviluppate dalla scuola polacca.
Eppure vi sono segnali che questa «disattenzione», per così dire, sta lentamente venendo meno: già in passato, seppur sporadicamente, illustri filosofi della scienza hanno reso il giusto merito alle opere di Nowak e della sua scuola; basti qui menzionare, quale esempio tra i piú significativi, le opere di Nancy Cartwright (da me citate in questo volume, insieme a quelle di altri autori) o quelle di Craig Dilworth (si veda la seconda edizione del suo The Metaphysics of Science. An Account of Modern Science in Term of Principles, Laws and Theories, Springer, Dordrecht 2006) e di qualche altro studioso che – anche se in modo non sistematico e con semplici riferimenti – mostra di conoscere quanto in merito fatto in terra polacca (tra questi, citiamo come solo esempio Theo A.F. Kuipers col suo Structures in Science, Kluwer Academic Publisher, Dordrecht / Boston / London 2001). Per non parlare di chi invece ha esplicitamente ripreso le teorie della scuola polacca, sviluppandole ed in parte modificandole col sofisticarle mediante un apparato formale assai sviluppato, come è stato fatto dal ceco Igor Hanzel (The Concept of Scientific Law in the Philosophy of Science and Epistemology. A Study of Theoretical Reason, Kluwer Academic Publisher, Dordrecht / Boston / London 1999). Ma anche in tempi ancora piú recenti si intravede un cambiamento, così come testimonia la voce «Models in Science» scritta nel 2006 da R. Frigg e S. Hartmann (due degli organizzatori dei meeting prima menzionati) per la Stanford Encyclopedia of Philosophy su internet, nella quale si legge che «An idealization is a deliberate simplification of something complicated with the objective of making it more tractable. Frictionless planes, point masses, infinite velocities, isolated systems, omniscient agents, or markets in perfect equilibrium are but some well-know examples. Philosophical debates over idealization have focused on two general kinds of idealizations: so-called Aristotelian and Galilean idealizations. / Aristotelian idealization amounts to “stripping away”, in our imagination, all properties from a concrete object that we believe are not relevant to the problem at hand. This allows us to focus on a limited set of properties in isolation. An example is a classical mechanics model of the planetary system, describing the planets as objects only having shape and mass, disregarding all other properties. Other labels for this kind of idealization include “abstraction”, “negligibility assumptions” and “method of isolation” […] Models that involve substantial Galilean as well as Aristotelian idealizations are sometimes referred to as “caricatures”. Caricature models isolate a small number of salient characteristics of a system and distort them into an extreme case […]», e così via. Chi abbia la pazienza di leggere questo volume non potrà non ritrovare in esso quanto detto dai due studiosi (e dagli autori da essi citati, da me omessi nel testo riportato, tra i quali fa capolino e per una sola volta anche il nome di Nowak), e forse con maggiore accuratezza e consapevolezza storica.
Per tenere conto di quanto successo sarebbe stata pertanto necessaria una profonda revisione del testo, che lo aggiornasse nella bibliografia e aggiungesse ulteriori approfondimenti. È infatti forte la tentazione in chi si accinge a dare alle stampe la seconda edizione di un proprio lavoro – specie se è passato un certo lasso di tempo dalla prima – di rimaneggiarlo profondamente, sia per renderlo più rispondente allo stato della discussione critica, sia per farlo meglio corrispondere allo stadio di maturazione intellettuale e ai convincimenti che nel contempo l’autore si è andato formando. Il rischio che si corre in tale opera di rimaneggiamento è quello di sovrapporre alle motivazioni che sono state all’origine della prima redazione, nonché alle soluzioni in essa proposte, quella più matura consapevolezza critica che si impone alla luce di quanto nel contempo è avvenuto negli studi concernenti l’oggetto trattato. Con la conseguenza di fornire un ibrido che testimonia solo dello stato di coscienza del suo autore nel momento della nuova edizione, nel mitico obiettivo di pervenire a quella redazione definitiva e finale che – liberata dalle contingenze della temporalità – possa consegnare al lettore la “parola risolutiva” sull’argomento. Salvo a predisporre poi una ulteriore nuova edizione.
Pertanto, nel ripubblicare la presente opera a quasi venti anni dalla sua prima edizione, ho deciso di limitarmi ad apportare solo quelle necessarie revisioni che, pur integrando qua e là il testo laddove ritenuto indispensabile per la sua migliore comprensione (ad es., ho inserito la data della morte di autori deceduti dopo la prima edizione del volume), hanno riguardato per lo più la forma espositiva (nella prima edizione a volte troppo affrettata), la titolazione dei paragrafi (allo scopo di renderli più fruibili) e la correzione degli errori materiali qua e là commessi. Ciò non per una vana ed autoglorificante celebrazione del proprio Io passato, quasi da consegnare ad una pinacoteca come ritratto di classica figura di pensiero da tramandare alla futura storiografia filosofica. Affatto. Al fondo della mia decisione è stata invece la consapevolezza della necessaria incompiutezza di un lavoro quale quello che ripropongo al lettore e ad un tempo – perché non ammetterlo? – la convinzione che, pur nei suoi limiti, esso possa ancora fornire degli elementi di riflessione e conoscenza, altrove non rinvenibili.
Del resto sulla filosofia polacca del ’900 – che costituisce gran parte dei contenuti di quest’opera – sono state nel contempo pubblicate sia in Italia che all’estero molte pregevoli opere, che sarebbe qui troppo lungo elencare. Ed io stesso ho in seguito ripreso gli argomenti trattati, approfondendo e rettificando quanto detto, come nel volume Nel segno della scienza. La filosofia polacca del Novecento (FrancoAngeli, Milano 1996), oltre che nell’ampio capitolo su «La filosofia in Polonia» (in Storia della Filosofia, diretta da Mario Dal Pra, 2ª ed. interamente riscritta e ampliata a cura di Gianni Paganini, vol. 11, tomo II, Vallardi/Piccin, Padova 1998, pp. 1299-1385). Inoltre chi voglia approfondire altri aspetti toccati in questo volume potrà anche leggere le opere da me curate e introdotte di K. Ajdukiewicz, Problemi e teorie della filosofia (Reverdito, Trento 1989); L. Nowak, Oltre Marx. Per un materialismo storico non-marxiano (Armando, Roma 1987); AA.VV., La realtà modellata. L’approccio idealizzazionale e le sue applicazioni nelle scienze umane (FrancoAngeli, Milano 2004, curato insieme a Roberto Poli, che contiene significativi saggi dei principali esponenti della scuola di Poznań). In merito rinvio il lettore interessato ad altri miei saggi in cui si trovano ulteriori approfondimenti e aggiornamenti, quali «Ajdukiewicz contro Schaff», in R. Poli (a cura di), Kazimierz Ajdukiewicz: lingua e linguaggi (Centro di Studi per la Filosofia Mitteleuropea, Trento 1991 – Atti del convegno di Trento, 8-10 maggio 1991, pp. 61-97); «Creativity in Science in the Lvov-Warsaw School: Twardowski, Łukasiewicz and Czeżowski» (in F. Coniglione, J. Brzeziński e T. Marek, eds., Science: between algorithm and creativity, Eburon, Delft 1992, pp. 102-125); «Scientific Philosophy and Marxism in Poland» (in F. Coniglione, R. Poli e J. Woleński, eds., The Polish Scientific Philosophy: The Lvov-Warsaw School, Rodopi, Amsterdam-Atlanta 1993, pp. 67-112); «Filosofia e scienza in Jan Łukasiewicz» (in Epistemologia, vol. 17, n. 1, 1994, pp. 73-100); «Logica, scienza e filosofia in Tadeusz Czeżowski» (in Axiomathes - 10 Years, ed. by Roberto Poli, vol. VIII, nrs. 1-3, 1997, pp. 191-250); «Reism and Physicalism. Kotarbiński and the Vienna Circle» (in Vielfalt und Konvergenz der Philosophie – Vortraege des 5. Kongresses der Oesterreichischen Gesellschaft fuer Philosophie, Teil 1. Schriftenreihe der Oesterreichischen Gesellschaft fuer Philosophie, Band 3, editori: Winfried Loeffler, Edmund Runggaldier, Vienna, Hoelder-Pichler-Tempsky 1999); «Kotarbiński’s Reism and the Vienna Circle» (in Axiomathes, 1-2, 2000, pp. 37-69); «Le costanti della filosofia polacca del Novecento» (in Il problema del canone nella letteratura polacca, Atti del Convegno dei Polonisti italiani, Accademia Polacca di Roma, 17-18 dicembre 2001, a cura di Marina Ciccarini e Krzysztof Zaboklicki, Upowszechnianie Nauki, Varsavia – Roma 2003, pp. 115-134); «The Place of Polish Scientific Philosophy in the European Context» (in Polish Journal of Philosophy, 1, 2007, pp. 7-27).
Molto è stato anche pubblicato successivamente al presente volume nell’ambito dello sviluppo della concezione idealizzazionale della scienza della scuola di Poznań, anche se per lo piú ad opera degli stessi suoi appartenenti e nella bookseries diretta da Nowak, volumi dei quali non ho potuto tener conto nella bibliografia, che resta ferma all’anno della prima edizione. Voglio qui di seguito tuttavia indicare, per completezza di informazione del lettore, le opere su tale argomento pubblicate nella menzionata collana dei Poznań Studies on the Philosophy of Sciences and Humanities (pubblicata da Rodopi, Amsterdam / Atlanta), tralasciando di elencare i vari articoli usciti in varie occasioni su numerose riviste: 1) Idealization XII: Correcting the Model. Idealization and Abstraction in the Sciences, ed. by Martin R. Jones and Nancy Cartwright (vol. 86, 2005); 2) Idealization XI: Historical Studies on Abstraction and Idealization, ed. by F. Coniglione, R. Poli and R. Rollinger (vol. 82, 2004); 3) Idealization X: The Richness of Idealization, ed. by I. Nowakowa and L. Nowak (vol. 69, 2000); 4) Idealization IX: Idealization in Contemporary Physics, ed. by N. Shanks (vol. 63, 1998); 5) Idealization VIII: Modeling in Psychology, ed. by J. Brzeziński, B. Krause and T. Maruszewski (vol. 56, 1997); 6) Idealization VII: Structuralism, Idealization and Approximation, ed. by M. Kuokkanen (vol. 42, 1994); 7) Idealization VI: Idealization in Economics, ed. by B. Hamminga and N.B. De Marchi (vol. 38, 1994); 8) I. Nowakowa, The Dynamics of Idealizations (vol. 34, 1994); 9) Idealization IV: Intelligibility in Science, ed. by C. Dilworth (vol. 26, 1992); 10) Idealization III: Approximation and Truth, ed. by J. Brzeziński and L. Nowak (vol. 25, 1992). Un elenco completo di tutta la serie, che comprende anche numerosi altri volumi sulla filosofia scientifica polacca nei quali sono state pubblicate in inglese molte delle opere che qui citiamo dall’originale polacco, è contenuto nel sito dei Poznań Studies – http://poznanstudies.swps.edu.pl/.
Sono queste in sostanza le ragioni che giustificano la riedizione emendata e riveduta di questo volume, nella speranza che essa possa contribuire – più di quanto è avvenuto con la prima edizione – sia alla migliore conoscenza di un aspetto della filosofia europea assai poco noto e coltivato, sia a rendere giustizia a concezioni epistemologiche e metodologiche non ancora adeguatamente valorizzate.
Ma v’è anche un ulteriore motivo che mi ha in quest’ultimo anno incoraggiato a terminare la fatica della sua revisione (che come ogni autore ben sa, è particolarmente grave quando si abbia a che fare con argomenti che non sono più in primo piano nei propri studi): la scomparsa avvenuta poco più di un anno fa (il 20 ottobre 2009) di Leszek Nowak, che della scuola di Poznań è stato uno dei principali fondatori e la sua maggiore forza animatrice sino alla fine della vita. Alla sua persona mi legano ricordi strettamente intrecciati alla mia formazione filosofica e ai miei primi passi nel campo della ricerca scientifica; e non ho alcuna esitazione a confessare che senza il suo aiuto e incoraggiamento molte delle cose che ho fatto non sarebbero state realizzate. Devo a lui, in sostanza, l’esser quello che oggi sono, nel bene e nel male, sia da un punto di vista umano, sia per la profonda incidenza che il suo insegnamento filosofico ha avuto nella formazione delle mie attuali convinzioni. Devo alla sua accoglienza, e a quella della sua famiglia, come anche dei collaboratori, i periodi di serena attività scientifica trascorsi in Polonia, di lunghissime e appassionate discussioni, di intuizioni e concrete indicazioni. E se negli ultimi anni della sua esistenza le nostre strade si sono separate e io sono stato lontano dalla Polonia, ciò è dovuto a quelle circostanze imprevedibili della vita, a quelle incomprensioni, che lacerano e dolorosamente allontanano tra loro le persone. È per questo – e per tutto ciò che in passato Leszek Nowak ha per me rappresentato – che voglio anche ristampare quest’opera, per onorarne degnamente la memoria.
Catania, Natale 2010
f.c.
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